Scrivo, da tanto. Scrivo per me, per gli altri, per lasciare scie di me con la vanità di chi crede di avere qualcosa di rilevante da dire.
Come me scrivono in tanti, sempre di più. Un’alluvione di scrittori e di scritture.
Pochi leggono testi lunghi, pochi hanno voglia di soffermarsi a riflettere.
La deriva è importante e sta cambiando il nostro modo di pensare. Mentre prima si leggevano contenuti di altri per ragionarci su ed esprimere altri concetti o discussioni ora si leggono i titoli dei pensieri e si esprime un giudizio: essere d’accordo, non essere d’accordo, essere d’accordo ma.
Il tutto in tempi estremamente brevi, nello spazio di pochi secondi spesso esprimiamo non più un ragionamento ponderato ma un giudizio emotivo, un comodo like, un dislike o sempre più spesso un passare oltre a cercare altro.
Bulimici di nozioni e stimoli, stiamo diventando sempre più dispenser di pensierini che botti pregiate dove il pensiero matura e lascia sedimentare la feccia emotiva.
Una generazione distratta convinta di essere invece iper informata, convinta di sviluppare pensiero quando invece accumula quasi sempre solo metafore e citazioni senza pensiero critico.
Una tendenza assecondata dai social network che da imprese quali esse sono ci intruppano in catalogazioni di sentimenti ed emozioni per poterci profilare meglio.
Prendersi il tempo per leggere, per ascoltare, per non dare risposte avventate. I tempi li dettiamo ancora noi.
Se il mondo ha fretta è solo perché gliela stiamo mettendo noi.
Il mondo è lento, il pensiero non deve essere veloce.
Diamogli il giusto tempo.